martedì 7 febbraio 2017

Ein Reich, Ein Volk, Ein Euro.

In italiano si legge "oiro", ma questo non ci consola troppo.

Oggi, dopo essere rimasto di stucco di fronte alle ultime parole del giovane disoccupato che non ne poteva più di vivere, mi sono imbattuto anche in quest'altra vicenda di neanche tre mesi fa della quale non mi ero accorto.
22 anni, un ragazzo.
Non sono certamente i primi suicidi di questa crisi e purtroppo non saranno nemmeno gli ultimi, ma io non riesco più a tollerare che si debba vivere in questo modo, che si muoia così.

E allora è arrivato veramente il momento di dire quello che si pensa senza più un solo straccio di diplomazia, purché si abbia la serierà di documentare quello che si dice; perché a un certo punto dire BASTA diventa una questione di decenza umana e personale prima ancora di avere un qualsiasi altro significato politico.
Riporto un esempio da manuale di "cottimismo filopadronale" giustificato da una retorica fintamente meritocratica autoattribuita ad un intero popolo e condito con una autentica ossessione per la stabilità monetaria, da perseguire con la moderazione salariale:

<Tra la produzione tedesca in aumento e il denaro in circolazione venne creato un rapporto naturale. La formazione dei prezzi, attuata con tutti i mezzi, fu possibile soltanto mantenendo stabile il livello dei salari. Ma tutto ciò che in questi ultimi sei anni è stato distribuito in Germania dall'aumentato reddito nazionale, corrisponde all'aumentata produzione,vale a dire all'aumentato rendimento del lavoro. In tal modo si è potuto non solo dare lavoro a 7 milioni di disoccupati, ma anche assicurare al loro aumentato reddito una corrispondente capacità di acquisto; in altre parole, ad ogni marco pagato corrisponde nella stessa misura un aumento della nostra produzione nazionale.
In altri paesi avviene esattamente l'opposto.
Viene ridotta la produzione, si aumenta il reddito nazionale aumentando i salari, si diminuisce con ciò la capacità di acquisto del denaro e si arriva infine alla svalutazione della moneta.
Ammetto che il sistema tedesco, in sé e per sé, è meno popolare, in quanto stabilisce che ad ogni aumento di salario debba corrispondere un aumento della produzione, per cui l'aumento dei salari deve sempre passare in secondo piano rispetto alla produzione>


Mi raccomando, non bisogna svalutare la divisa, mai!
Al massimo svalutiamo un po' il lavoro....
Altrimenti il signor Krupp, col quale l'autore del discorso era sceso a patti per arrivare al governo, magari si sarebbe risentito.
Di capitali ne ha parecchi, lui, quel filantropo del signor Krupp.
Ma le sue fabbriche danno anche tanto lavoro e non vuoi abolire per il suo gruzzolo il rischio dato da un po' di svalutazione, di inflazione?
Suona attuale questa mentalità, eh?

In effetti c'è anche consapevolezza nel discorso del fatto che si tratti di un sistema poco popolare e che altrove campino, magari bene, facendo in tutt'altro modo.
Ma vuoi mettere, questo rigore produttivista austeramente protestante!
La statura morale del popolo che nasce con le braccia lungo la cucitura dei pantaloni e ben si adatta a dimostrare la propria tempra vivendo, senza protestare, al di sotto dei proprio mezzi, risalta con assoluta evidenza.

Occorrerà tuttavia una soluzione alle tensioni che un sistema così poco popolare può comportare.
Quale?
Scaricarle fuori dai propri confini insieme alle proprie merci, con la giustificazione che se gli altri le comprano è perché noi siamo più bravi a produrre ( polemica di 15 giorni con Trump sulle esportazioni di auto negli USA, uguale ) attraverso un po' di sano mercantilismo.
Infatti, 2 pagine dopo:

<popolo tedesco, se vuoi vivere esporta, altrimenti perirai>

Mamma mia, come sembra non essere cambiato niente.
Da quando?
Suggerimento: il discorso è stato pronunciato al Reichstag il 30 gennaio 1939.
E' un discorso lungo, dura un'ottantina di pagine.
Una quindicina di pagine dopo si prospettava anche la necessità di una lotta senza quartiere al bolscevismo e 5 pagine pagine dopo, per non farsi mancare proprio nulla, si prospettava anche la necessità di una soluzione finale per la questione ebraica.

Signori, se in Italia ci siamo lavati la coscienza con sfolgorante IPOCRISIA perfettamente raccontata da Mario Tobino ne Il Clandestino, e all'alba del 26 luglio 1943 tutti si strizzavano l'occhiolino sottintendendo che loro no, loro non erano mai stati fascisti, al massimo si erano conformati per non prendere manganellate ( e poi magari hanno conservato fez e orbace per i successivi 20 anni chiusi in un armadio in cantina ), la propria autocritica storica ha totalmente FALLITO anche in Germania.
Colpevolizzazione senza nessuna analisi.
 Tale metodo si è dimostrato inutilmente colpevolizzante applicato anche a chi era nato decenni dopo i crimini della seconda guerra mondiale ma insieme carentissimo sul piano analitico; altrimenti i tedeschi ricorderebbero che con l'inflazione al 29.500% sul finire del 1923 Hitler organizza i Putsch ma veniva seguito solo da 4 pazzoidi, mentre andava al governo 10 anni dopo sospinto dal malcontento per la nuova esplosione della disoccupazione provocata dalle politiche austeritarie e deflattive dei Brüning e dei von Papen. Rianalizzarsi  in tale modo in realtà non ha prodotto niente altro che un nazionalismo compresso e represso il quale non aspettava altro che una nuova valvola di sfogo.

Un nuovo nazionalismo privo di qualsiasi consapevolezza del fatto che nazionalismo non vuol dire soltanto bruciare chi detesti nei formi crematori.
In effetti è evidente come non abbiano assolutamente capito che ESISTE UNA DIMENSIONE ANCHE ECONOMICO-COMMERCIALE DEL NAZIONALISMO, IL MERCANTILISMO, che infatti stanno replicando pedissequamente.
Contro il loro stesso interesse.
L'eurozona rimarrebbe un'unica gigantesca contraddizione politica ma nonostante tutto sostenibile, se i lavoratori tedeschi pretendessero di vivere all'altezza dei propri mezzi invece di premiare i politici che li costringono a vivere in condizione di relativa penuria, purché facciano conquistare al proprio Paese una posizione internazionale preminente ( ingrassando nel frattempo solo i propri padroni. )

Una mentalità da alleanza tra produttori, paradossalmente sostenuta dal basso invece che imposta dall'alto.
Spiace dirlo, ma in ultima istanza, la contraddizione politica europea fondamentale, è che il popolo tedesco ha capito assai poco di cosa sia il fascismo.

In effetti questa eurozona funziona in modo tremendamente simile al Lebensraum.
Anzi, di fatto E' un Lebensraum, solo ripulito di una ideologia razzista/biologicista oggi irripetibile.
Ma a parte questo, la musica e sempre la stessa.

E adesso venitemi a dire, mentre contiamo ogni giorno i suicidi, che il nazionalismo sarebbe voler uscire da questo inferno fascistoide.

Qui le prove documentali.
I passaggi citati si trovano tra pagina 43 e pagina 45.


Pulizia morale.




Vedete: non perdere tempo con gli scannamenti correntizi delle sinistre in questo paese non è un atto di settarismo o di spocchia, ma di pulizia morale.
Si muore così in questo paese, come questo tragico articolo ci mostra; mentre si sa benissimo quali siano i problemi ma non si riesce a farne un orizzonte di lotta perché:
- qualcuno deve coltivarsi l'orticello,
- qualcun altro la rendita di posizione,
- a qualcun altro rode il culo dover, prima di riposizionarsi, ammettere che da 30 anni in qua non ci ha capito un cazzo,
- qualcun altro ancora deve difendere una idea di internazionalismo ( astratta ) e pure mutuata dai liberisti e gli interessa di più sentirsi puro che concreto
- qualcun altro,  ancor più prosaicamente, ha una cadrega sotto al culo a Strasburgo e 15.000 €/mese di entrate, e che vuoi fare, sputarci sopra?
Vale per tutti, non è che c'è qualche soggetto meno colpevole e qualcuno di più.

Questo discorso vale dalla Rifondazione Comunista che resta inchiodata alla ferreriana teoria del tubetto di dentifricio e che perora la causa della disobbedienza all'UE dall'interno, come se essa fosse possibile dopo la dimostrazione empirica greca del fatto che l'unico modo per essere contro è essere fuori.
Questo discorso vale per Sinistra Italiana che ancora considera una base di discussione seria l'emendamento alla tesi n.14 del proprio congresso, a firma Cofferati, Castellina, Casarini ( e altri ) pensato per disarmare in un modo purchessia il pericoloso avventurismo della tesi base, per la quale si è impagnato Fassina, che invece costituisce proprio il risicatissimo minimo sindacale del senso della realtà necessario per provare almeno a rimettersi a ragionare sul mondo reale.
Questo discorso vale per tutti gli altri gruppi e gruppetti che, rifugiatisi in una dimensione parallela di rifiuto della realtà, si lavano la coscienza predicando rivoluzioni perché con una qualsiasi riforma è inutile sporcarsi le mani e come risultato non fanno altro che predicare allo specchio quanto son bravi non capendo quanto, in realtà, siano semplicemente inutili.
Questo discorso vale per chiunque consideri la propria ristretta identità più importante della vita di Michele.

Basta.

L'Unione Europea, epifenomeno regionale della globalizzazione, è in crisi e né i grandi capitalisti né gli eurocrati loro portaborse, né i nostri governanti-maggiordomi dei ceti dominanti, hanno una soluzione ovvia dall'alto per risolvere il problema: abbatterla per ripristinare condizioni minime di democrazia cioè di eguaglianza sostanziale, garantite dallo stato sociale e dall'impegno dello Stato per la piena occupazione in regime di economia mista, è UN DOVERE NON RIMANDABILE.
E' una questione di pulizia morale.

Non ce l'abbiamo altri 5 anni da spendere per spiegare a dirigenti politici decotti e ai 14 militonti  che ancora gli vanno dietro convinti che la loro identità sia l'europeismo più che non la difesa del lavoro contro il capitale, che i DEF vengono stilati tenendo conto di parametri quali l'output gap o la disoccupazione di equilibrio non inflattiva e che quindi, per tenere in piedi l'euro, in Italia non possiamo far scendere la disoccupazione sotto l'11% o in Spagna e in Grecia sotto il 20%.

Non ce li abbiamo altri 5 anni per redimere idioti, cerebrolesi, liberisti per sentito dire convinti di essere comunisti, e/o collusi che devono fare discorsi compatibili con lo status quo perché devono difendere la propria seggiola da assessore eletto stando al gancio del PD.
O troveranno una soluzione dall'alto alla crisi europea completando questa oscena restaurazione oligarchica che della democrazia ci lascia solo formali e vuoti simulacri, o la soluzione l'avremo da destra, passando la liberismo a fascismo, da padella a brace.
Stretti tra Scilla e Cariddi bisogna lavorare SUBITO a una soluzione democratica, chiaramente altra sia alle destre liberiste sia alle destre xenofobe, al cui servizio tutte le sinistre devono mettersi senza farci perdere ulteriore tempo in CAZZATE.

Chi non ha capito dopo 8 anni di crisi non è parte della soluzione ma del problema; dirigenze che si ostinano a non dire il necessario o sono troppo inette o troppo in malafede.
Nel frattempo destre più spregiudicate cavalcano la medesima contraddizione condendola con razzismi assortiti, islamofobia e prospettive di stato minimo cioè di liberismo con altri mezzi. ( Da AfD alla Lega passando per FN la musica è sempre la stessa: sicuritarismo sbirresco, guerra tra poveri, odio verso i più disgraziati invece che verso gli sfruttatori, modello dello "stato minimo" liberista reiterato con altri mezzi, transitando dal mercantilismo subìto al mercantilismo praticato )
Insomma parliamo dell'ennesimo tragico inganno, ma ugualmente più "credibile" agli occhi del sofferente popolo lavoratore perché almeno essi partono dal confrontarsi con una contraddizione reale che la gente ha ormai compreso e che a sinistra si preferisce continuare ad esorcizzare.

Serve un movimento popolare, democratico, socialista ( ma si può anche non dirlo apertamente se qualche democratico non troppo di sinistra si spaventa per i nomi. I nomi non sono mai una priorità rispetto alla sostanza ) ma non identitario, al limite populistico, che parli semplicemente e dica la verità.
Lo dobbiamo a Michele.

Tutto il resto, diciamocelo, sono ormai soltanto squallide seghe mentali; masturbazioni in politichese cinicamente dispensate stando coi piedi sopra le tombe dei morti, chiacchiere che non meritano più alcun rispetto.

Quando non ci sono più soltanto in ballo culture e identità politiche ma le tombe di ragazzi ancora giovani che si ammazzano perché questa società è diventata troppo oscenamente ingiusta, essere pratici e pragmatici oltre che indisponibili a ulteriori perdite di tempo, diventa una questione sopra a tutto il resto di pulizia morale.

Con questa lettera un trentenne friulano ha detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel vuoto.
* * *
di MICHELE
Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.
Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.
Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.
Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.
Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.
Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.
Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.
Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.
Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.
Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.
Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto.