giovedì 4 febbraio 2016

Pedanterie in punta di dottrina: quanno ce vo', ce vo'. [ non-populist post ]



Dato che bene o male si tratta del tema politico magari non più pregnante, ma ugualmente al centro del dibattito politico, e di castronerie se ne sentono parecchie da una parte, dall'altra, ed altrettanto da quelli che vorrebbero stare a mezzavia e citano cose che dovrebbero essere di sinistra per ritrovarsi a portar l'acqua con le orecchie alle stesse tesi dell'Opus Dei ( chi vuole intendere...ha inteso.... ), direi che vale la pena di mettere qualche puntino sulle i.

La società non è un sistema rigido ma dinamico, quindi mutevole.
Tante cose cambiano, a volte in bene, a volte in male.
E certamente nel tempo cambiano anche il rapporto tra i sessi, cambia la percezione del concetto di genere, cambia il rapporto tra individualità e moltitudine, eccetera.
Il corso della storia sarà a volte benefico, altre volte impietoso, ma la questione è sapersi muovere al suo interno per indirizzarlo verso qualcosa che produca liberazione.
Cercare di arginare il fiume con le mani, invece, serve solo a rendersi ridicoli.

Essendo il capitalismo un tutt'uno organico - ma mutevole, ci arriveremo - che investe ogni ambito della sfera sociale, questi cambiamenti non sono affatto estranei alla direzione nella quale si muove lo spirito del capitalismo.
Come già registravano Marx ed Engels a premessa ed introduzione del Manifesto del Partito Comunista nel 1848, lo sviluppo del capitalismo porta scompiglio anche all'interno delle strutture delle società tradizionali, ne incrina le istituzioni e, perché no, pone fuori dai tempi anche certi aspetti dei rapporti patriarcali.
In un certo senso è rivoluzionario, anche se sostituisce una forma di sfruttamento/subordinazione con un'altra, ma i comunisti non misconoscono affatto che ci sia, pur con tutti i paletti del caso, anche una portata rivoluzionaria in questi processi che pure possiamo definire come originati in seno alla borghesia, e non rimpiangono "il prima", combattono piuttosto per un altro presente e un altro futuro.

All'interno di questo processo, in pratica, il capitalismo produce anche nuove soggettività sociali che possono avere la caratteristica di essergli conformi, ma in altri casi ancora queste soggettività non le produce. Esse nascono per motivi propri e cercano "riconoscimento". Ricordo che anche la questione di classe, o meglio della classe ( sia in sé, sia per sé ) nasce dalla ricerca di un riconoscimento, e in seguito viene il resto.
Con queste soggettività nate per motivi e scòpi propri si instaura poi col capitalismo un patto reciproco, un compromesso territoriale. E nessuno di noi può sentirsi estraneo a questo processo, tutti ne sono coinvolti anche quando si rivendica una conflittuale alterità, che altro non vuol dire che il terreno del compromesso è conteso.
Ma attenzione, il capitalismo, non è una struttura rigida e vive appunto rinnovando continuamente questi compromessi.
In questo senso ad esempio possiamo dire che il capitalismo è dispotico, è iniquo, ma non totalitario ( perché non automaticamente e non necessariamente tutto vi si conforma, o tutto da lui emana ).

A questo punto quindi dobbiamo anche saper analizzare cose diverse che si pongono su piani diversi.
Un conto sono i rapporti di produzione e almeno in parte, un altro paio di maniche sono le condizioni sociali entro le quali i rapporti di produzione son dati.

Possiamo fare vari esempi di ciò nel corso della storia.
Vari e mutevoli attraverso il tempo sono stati i rapporti tra il capitalismo e le chiese o con gli strumenti e i soggetti della riproduzione, sia biologica che culturale.
Rapporti mutevoli, non fissi, non schematizzabili in maniera assoluta e astratta dal tempo.
Per questi motivi, ad esempio, sbagliavano qualche decennio fa i primi movimenti omosessuali e le femministe radicali nel sostenere che capitalismo e patriarcato vadano *necessariamente* a braccetto, pur avendo ragione a ribellarsi ad entrambi.
Ma sbagliano altrettanto, se non di più, gli odierni detrattori del femminismo tout court e dei movimenti omosessuali, i quali ritengono che siano invece la donna e l'uomo e il superamento degli stereotipi di genere postulati dalle rivoluzioni sessuali degli ultimi anni, i soggetti che debbano *necessariamente* andare a braccetto col capitalismo.
In entrambi i casi si tratta di aggiustamenti ed approssimazioni, di contraddizioni surdeterminate.

Assolutizzare il discorso degli atomi, della ricerca ( legittima ) di riconoscimento non solo come insiemi, o classi, o categorie, ma anche come individui, e pretendere che questo faccia automaticamente vincere il capitalismo, significa incorrere in due sesquipedali errori di valutazione.
1) significa ritenere il capitalismo la struttura rigida che non è, e dedurne che ogni cosa dipenda da lui quando al massimo si può dire che ogni cosa si ritrova a dover fare i conti con lui. E c'è una bella differenza.
2) significa misconoscere che in tante cose può esserci anche un contenuto rivoluzionario, non solo nell'agire della classe per sé, e che queste cose van comprese e valorizzate non vissute automaticamente con estraneità ed ostilità.

Traduzione sintetica: togliete le pile a Diego Fusaro.
Se non prova imbarazzo a sostenere le stesse tesi dell'Opus Dei ( solo cambiando le citazioni ), è un problema suo.
E non vale dire che non è così, non è cosà, perché comunque il professorino avrebbe aperto quel piccolo inciso e avrebbe fatto quell'altra piccola specificazione.
Non siamo, o almeno non sono, nato ieri.
Un conto è additare al pubblico ludibrio la sinistra che coi soli diritti civili ha mascherato la propria completa abdicazione su tutto il resto ( giustissimo ), un altro paio di maniche è legittimare le tesi del peggior conservatorismo veterocattolico e delle destre più ottuse, discriminatorie e bigotte, sia pur indirettamente, passando anni interi a sparpagliare a piene mani retorico benaltrismo ( più o meno condito alle supercazzole marxiane ) su qualcosa che comunque è giusto, ottenendo di delegittimare agli occhi di molti una cosa giusta in favore delle mire politiche degli iniqui.
Quindi a questo punto ha anche cominciato a rompere un po' le palle.
Paradossale poi che proprio chi la mena tanto a proposito del fatto che il "capitalesimo" gli spazza via i rassicuranti usi e costumi del buon vecchio conformismo borghese ( "anticapitalista"???? ) finisca poi proprio per non riconoscere quegli elementi rivoluzionari, anche se non automaticamente anticapitalisti, che pure la borghesia ha.
Diciamocela tutta: non è che qua la questione non è l'anticapitalismo ma solo il rassicurante ( per chi ci rispecchia ) conformismo conservatore?
Noticina finale: se le cose che scrivi piacciono tanto ad una pagina web la cui linea editoriale oscilla tra il sostegno alla Lega e quello a Fratelli d'Italia, essendo animata da persone che si riconoscono nel neoreazionariato aggiornato, riveduto e corretto, della nuova destra ( comunque radicale ), questo vuol dire che per quanto tu possa citare Marx o Gramsci, le tue tesi ridotte alla loro estrema sintesi, sono come minimo facilissimamente strumentalizzabili da chi abbia quel tipo di linea politico-editoriale.
Le scelte editoriali, infatti, non sono mai frutto del caso.
Porsi due domandine, almeno ogni tanto?
A meno che con quel tipo di linea editoriale, e politica, uno non sia in fondo in fondo d'accordo....

Se semo intesi.

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